Associazione Murialdo Viterbo
Il progetto educativo

Il nostro stile educativo è caratterizzato dall'atteggiamento di condivisione: questo permette di farsi carico non soltanto del bisogno immediato del ragazzo, ma anche di costruire con lui una relazione affettiva e personale operando nel contesto delle famiglie e del territorio per comporre e dar vita ad una rete di sostegno allargato.

Il nostro modo di essere accoglienti nasce dalla consapevolezza di essere stati accolti noi stessi: solo in rapporti personali e dentro una reciproca appartenenza ognuno possa fare l'esperienza del sentirsi amato e cominciare a sua volta a voler bene a se stesso e agli altri.

I punti salienti che caratterizzano le scelte di fondo dell'Associazione sono fondati sul mettere il ragazzo al centro del nostro modo di fare famiglia:

  1. presenza di adulti che abitano in casa e che intrattengono tra loro relazioni significative;
  2. numero limitato di ragazzi e di giovani accolti;
  3. costruzione di rapporti umani quindi non "professionali";
  4. attenzione rivolta al sostegno della famiglia naturale e della rete di relazioni esistente attorno al ragazzo ed al giovane in situazione di disagio.

L'educazione

L'educazione si presenta primariamente come una relazione fra educatore e ragazzo, come processo in continua trasformazione e adattamento reciproco, in un clima di fiducia da entrambe le parti: fiducia da parte dell'educatore nelle capacità del ragazzo e di quest'ultimo nella costante presenza dell'educatore che, quasi nascondendosi, ne accompagni lo sviluppo.

Le regole, terreno sul quale il ragazzo può porre le fondamenta per la sua crescita personale e sociale, devono esser pronte a lasciare il posto alla comprensione e alla riflessione del ragazzo stesso che, attraverso un continuo confronto con l'educatore, potrà col tempo farne proprio il contenuto, per imparare ad autogestirsi, ovvero a vivere autonomamente.

Operare per il bene del ragazzo significa quindi valorizzare lui e la sua storia. Questo si ottiene anche lavorando sul suo mondo - in particolare quello familiare - affinché possa reinserirvisi il meglio e prima possibile. Questo obiettivo dovrebbe realizzarsi attraverso un incessante lavoro con la famiglia d'origine inteso a fornire, laddove possibile, i supporti necessari a facilitare il rientro del ragazzo in essa.

La condivisione

Le persone che offrono la loro disponibilità per stare con i ragazzi lavorano ed operano vivendo a stretto contatto con loro, condividendo con loro il pane quotidiano e le difficoltà che nelle loro strade essi incontrano. Solo in rapporti personali e dentro una reciproca appartenenza ognuno può fare esperienza del sentirsi accolto.

La scelta principale riguarda la possibilità di essere "educatore invisibile", supportando il ragazzo nella sua fatica in modo discreto.

Fare famiglia

Nessuno può "fare famiglia" più di una famiglia reale; dunque non tanto un gruppo di persone unite dalle esigenze dei ragazzi ma piuttosto una famiglia che, in base alle proprie esperienze coniugali e genitoriali, decida di aprire le porte della propria casa e accogliere un ragazzo per un periodo di tempo.

Per questo motivo incentiviamo, sosteniamo e motiviamo la scelta delle "Famiglie Aperte".

Il ragazzo al centro

Mettere il ragazzo al centro, significa verificare i criteri in base ai quali definire la strutturazione di ambienti fisici, di climi emotivi ed affettivi presenti nelle strutture; facilitare le transizioni dei ragazzi dalle famiglie alle strutture e, in alcuni malaugurati casi, tra strutture al loro interno, in modo da rispondere più adeguatamente ai bisogni di crescita, di distacco, di separazione, e di quelli legati ai compiti di sviluppo del ragazzo. I criteri di base ipotizzabili per orientare le attività, non possono che configurarsi come risposte che, compatibilmente con le risorse, rispondono alle sue esigenze più profonde e ai suoi bisogni più intimi.